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Mese: Luglio 2021

Cura e divertimento nel welfare post pandemico

Sono cambiate le aziende. Sono cambiate le persone. Sono cambiate le necessità dei lavoratori. La pandemia di Covid-19, sopraggiunta a inizio 2020, ha stravolto la vita di tutti. Non solo ha accelerato la digitalizzazione, ma ha anche messo in evidenza le falle del sistema nel suo complesso. Stato, scuole e aziende hanno provato a mettersi a disposizione di cittadini, studenti e dipendenti, non sempre riuscendoci in modo soddisfacente. L’obiettivo? Provare a supportarli in questo periodo critico.
La pandemia ha fatto soprattutto emergere bisogni di cui prima si faticava a parlare. In questo contesto qual è il ruolo del welfare aziendale? Per analizzare la situazione (attuale e futura), Tuttowelfare.info ha promosso una tavola rotonda dal titolo La nuova realtà del welfare dopo il Covid, in cui player ed esperti si sono confrontati sul tema, sottolineando – ora più che mai – l’esigenza di star vicino ai lavoratori.

Cura delle persone e servizi personalizzabili
Beni e servizi come assistenza medica, contributi per le spese scolastiche, buoni spesa e servizi di cura dei familiari non autosufficienti sono diventate le soluzioni più richieste dai dipendenti per il loro benessere. A evidenziarlo è stato Fabio Streliotto, Co-Founder e CEO di Innova Srl – il welfare 4.0, società specializzata in welfare aziendale e Smart working.
A suo giudizio è necessario ricordare – e quindi utilizzare al meglio i servizi collegati – i quattro tipi di welfare in Italia: aziendale, in cui l’insieme delle iniziative di natura contrattuale o unilaterali da parte del datore di lavoro sono volte a incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia attraverso modalità alternative alla retribuzione; contrattuale, con un sistema di protezione e tutela dei lavoratori, integrativo di quello garantito dallo Stato, realizzato attraverso la costituzione di fondi, casse o enti; comunitario, i cui progetti promuovono il benessere individuale e collettivo delle comunità di riferimento, coadiuvate da attori della società civile; pubblico, con i servizi erogati dallo Stato per garantire sicurezza, assistenza e protezione dei cittadini e delle loro famiglie.
Integrare questi quattro modelli sarebbe, per Streliotto, il primo passo verso un nuovo welfare, più vicino alle reali esigenze dei cittadini e del territorio. La maggior parte delle organizzazioni aziendali italiane, infatti, sono strettamente legate al territorio e alla comunità di cui fanno parte: “Ricordiamo che il nostro tessuto economico è formato soprattutto da Piccole e medie imprese, che nel 93% dei casi hanno meno di 15 dipendenti (fonte: Istat, 2015)”, ha commentato il manager. “Il welfare si confronterà necessariamente con aziende di queste dimensioni, in cui solitamente c’è l’imprenditore che si occupa di tutto, anche della cura delle Risorse Umane. È un tema di cultura aziendale, che va adattata ai nuovi tempi”.

Il welfare è meno legato al lifestyle e torna alle origini
La rinnovata cultura aziendale può riportare l’attenzione alla personalizzazione dei servizi di welfare in base alle necessità delle persone e del territorio in cui abitano. In fondo è un ritorno agli stessi obiettivi per cui è nato il welfare aziendale all’inizio del Novecento cui si aggiungono il potenziamento dell’engagement interno e l’attrattività verso le nuove risorse. “La pandemia ci ha riportati ai fondamentali del welfare, cioè il benessere del dipendente e della sua famiglia”, ha ricordato Marco Caglieris, Co-Founder & CEO di Sonnomedica, centro di Medicina del sonno. “Ma, a differenza del passato, adesso la cura dei dipendenti passa per la digitalizzazione dei servizi e per soluzioni sempre più smart”.
È d’accordo Salvatore Carbonaro, Presidente di Praesidium, broker assicurativo di riferimento del sistema di rappresentanza della dirigenza industriale Federmanager, per cui la pandemia ha generato più sensibilità sui rischi sanitari e sulle risposte correlate: “In un anno sono già cambiati i paradigmi del welfare, che diventa sempre meno legato al lifestyle e sempre più vicino agli obiettivi di assistenza per cui è nato, seppur aggiornato con la digitalizzazione dei servizi”.
A proposito di digitalizzazione, ammettendo che i provider online aiutino la conoscenza e la fruibilità del welfare aziendale da parte di chi lavora, Carbonaro fa notare che la consapevolezza dei servizi assicurativi (che in molti casi fanno parte del pacchetto welfare offerto dai provider stessi) in Italia è ancora limitata. “Le piattaforme di welfare possono diventare formatori e facilitatori di una cultura di previdenza complementare e di sanità integrativa”, suggerisce Paolo Barbieri, Chief Executive Officer di Welfare4You, provider specializzato nella gestione dei servizi di supporto al welfare aziendale.
Anche Francesca Pasqui, Founder di Care Up, società che ha l’obiettivo di aiutare le aziende a prevenire i comportamenti a rischio, migliorare il clima aziendale e aumentare la produttività dei singoli, porta all’attenzione l’importanza dei provider nel diffondere la cultura della salute e della prevenzione, insieme con l’adozione di stili di vita sani ed equilibrati. “Nella fornitura dei servizi sta cambiando qualcosa: prima i benefit scelti erano più legati al consumo immediato (come i buoni spesa online), mentre ora si torna a parlare di prevenzione e di welfare integrativo, dato che il vero welfare non è fatto solo di benefit, ma di cura della persona a 360 gradi”. Il cambiamento in atto, quindi, è culturale e bisogna saperlo gestire.

Nella cultura aziendale servono sostenibilità e benessere
Per Pasqui la cultura del benessere in azienda non può prescindere dal tema della sostenibilità, sia ambientale sia economica. Ambientale per il motivo già citato della stretta dipendenza tra imprese e territorio circostante, economica perché i vantaggi (fiscali e non) di un pacchetto di welfare aziendale strutturato sono molteplici sia per il management sia per i dipendenti. È d’accordo Alberto Ronco, CEO & Co-Founder di Trainect, piattaforma online che aiuta le aziende ad aumentare il benessere psico-fisico, per cui la sostenibilità e il wellness dovrebbero essere insiti nella cultura di ogni impresa, anche la più piccola: “Secondo recenti ricerche pubblicate dalla rivista Forbes, il 76% degli impiegati crede che siano le aziende a dover assicurare i programmi dedicati al loro benessere. Inoltre, le persone più sane sono più produttive e le aziende con un programma di benessere risparmiano più di 300 euro di produttività per ogni dipendente (fonte: Chapman Institute)”.
Paolo Schipani, Direttore Generale di Welfare Come Te, interlocutore delle aziende per il benessere di lavoratori e di chi si prende cura degli altri, cita vari dati per far capire quanto i bisogni delle persone che lavorano siano cambiati negli ultimi anni, già prima del Covid: nel 2019 l’Istat contava 13 milioni di caregiver; il più recente Rapporto Censis ha evidenziato che un lavoratore su due esprime disorientamento quando è coinvolto in un problema di welfare per sé o per un familiare. “È chiaro che per rispondere a queste nuove esigenze i flexible benefit non bastano più: bisogna rinnovare e adattare l’offerta dei provider, che in questo scenario possono diventare i veri intermediari tra i cittadini e le aziende”, è il commento di Schipani.

Un’offerta più ampia per dare possibilità di scelta.
Proprio l’integrazione di servizi primari e ludici è, secondo Domenico De Liso, Founder di ComeBack Welfare, piattaforma che consente l’incremento del budget di welfare aziendale delle imprese, la soluzione per il futuro. Infatti, rivolgendosi ai provider di welfare aziendale, l’imprenditore spiega che “focalizzare il proprio business su pochi servizi è una scelta controproducente”. Molte aziende, come sostiene De Liso, cercano un fornitore che possa offrire un’ampia gamma di soluzioni: “I servizi devono coprire la maggior parte dei bisogni dei lavoratori poiché – che sia per cultura, età o abitudini – ogni persona ha desideri diversi”.
I lavoratori sono alla costante ricerca di novità”, aggiunge Paolo Gardenghi General Manager di Day Ristoservice – Gruppo Up, azienda che opera nel mercato dei servizi alle imprese e alla persona.
Per questo le aziende dovrebbero affiancare una base di misure che rispondano alle esigenze primarie con servizi di tendenza che soddisfino le richieste di innovazione e cambiamento. “In questo modo gli HR potranno alimentare l’engagement dei loro dipendenti”.
Alle Risorse Umane va anche il pensiero di Pietro Spreafico, Partner di Timeswapp, piattaforma di welfare aziendale di Inaz Italia: “Come provider è nostro compito accompagnare le aziende facendo loro comprendere che cosa il welfare può offrire, attraverso soluzioni accessibili e poco onerose in termini di operatività, soprattutto per le Piccole e medie imprese”.
È necessario poi saperle ascoltare, cercando di capire dove porterà questo momento di transizione e quali saranno i nuovi trend, “senza correre a conclusioni affrettate”, come argomenta Davide Scaramuzza, Direttore Divisione Welfare Solution di Pellegrini, realtà che si occupa di servizi dedicati alle aziende. Prendiamo come esempio lo Smart working, passato in pochi mesi da ambìto benefit a odiata gabbia. Ora ciò che serve è prendersi del tempo per valutare come evolverà la situazione e, conseguentemente, le esigenze delle imprese e di chi le popola.
Così Scaramuzza spiega che l’offerta di Pellegrini si è evoluta verso un ampliamento dei servizi, anche grazie a interventi regolatori e normativi. “Ci stiamo concentrando su tutti i servizi che veicolano le spese virtuose, da quelle sanitarie a quelle scolastiche fino a quelle ludiche, che non sono certo meno importanti”.

Ampliare il catalogo di welfare
A favore di un catalogo di offerte ampio è anche Matteo Romano, CEO di Tantosvago, digital company specializzata nella creazione di contenuti ed esperienze per attività di incentive, loyalty e servizi di welfare aziendale. “La società in questo momento è divisa fra bisogni primari e voglia di dimenticare gli ultimi mesi, credo sia giusto lasciar modo a ognuno di decidere che cosa lo faccia stare bene”. Un’offerta limitata rischia, secondo il CEO di Tantosvago, di focalizzare l’attenzione sulle necessità di pochi, perdendo la possibilità di tenersi stretti gli altri lavoratori.
In un momento critico come quello vissuto in questi mesi, è importante per le aziende far sentire ai propri dipendenti la loro vicinanza.
È fondamentale, come spiega Giulia Galluzzo, Responsabile Marketing e Comunicazione di Happily, provider di welfare aziendale, continuare a erogare soluzioni a favore del benessere dei dipendenti, nonostante il periodo di insicurezza. “È proprio a causa della crisi che stiamo vivendo che le aziende devono mantenere alto il livello di engagement e non perdere il rapporto instaurato con i dipendenti”. Galluzzo suggerisce, per chi è in maggiore difficoltà, di diminuire le pratiche offerte, senza rinunciarvi.

Potenziare i servizi a livello locale
Ma il welfare non è solo uno strumento di ingaggio. Per Angelo Nodari, CEO e Founder di PerPranzo, servizio di mensa diffusa digitale, questo rappresenta una leva di attraction nei confronti di candidati sempre meno presenti sul mercato: “Il nuovo mondo del lavoro è alla costante ricerca di figure tecniche e digitali, ma l’offerta è piuttosto bassa e non è più sufficiente una buona retribuzione per ‘accaparrarsi’ un candidato”.
Per esempio, tra i fattori presi in considerazione per valutare una proposta di lavoro c’è la distanza, che non può esser colmata dal discorso economico. E la distanza a cui si fa riferimento non è strettamente intesa come il percorso casa-lavoro, ma come luogo in cui poter ‘consumare’ i servizi offerti dalle aziende. “È difficile, ma fondamentale, costruire un tessuto che permetta di collegare più interlocutori”, afferma Nodari. Il lavoratore è un dipendente, ma anche un cittadino. E come tale vuole i servizi locali. “Sviluppare partnership con i luoghi in cui vivono i lavoratori significa lavorare in ottica win-win: vince il territorio, vince il lavoratore, vince l’azienda”.

Digitalizzare o accorciare le distanze?
Oltre all’importanza del territorio, l’epoca moderna trascina con sé anche un deciso focus sulle tecnologie, processo che la pandemia ha solo accelerato. Ma questi strumenti, spesso, sono in contrasto con lo sviluppo economico delle attività locali.
Lo conferma Gardenghi: “La digitalizzazione va in contraddizione con l’attenzione al territorio, poiché acquistare online significa prediligere i colossi di un determinato settore”. Così, capita che le piattaforme evidenzino necessità diverse da quelle immaginate da aziende e provider. “È importante conciliare esigenze e aspettative anche in contrasto fra loro”, prosegue il manager di Day Ristoservice.
Galluzzo concorda che i servizi sul territorio vanno introdotti a fianco di soluzioni digitali per permettere ai dipendenti di usufruirne nella modalità che preferiscono. “Ovviamente cerchiamo di portare maggiore consapevolezza sui temi della sostenibilità, legandola molto alla mobilità, e di spingere sui servizi a chilometro zero”, specifica.
Anche Tantosvago riconosce l’importanza dei temi emersi e si è già mossa in questa direzione. Romano, infatti, spiega che hanno realizzato – e presenteranno a breve – un progetto di ‘welfare di prossimità’, “per far sì che l’azienda diventi protagonista del territorio”.
Dunque, il sostegno ai dipendenti non rappresenta più solo i temi e i modelli ‘classici’, ma punta molto sulla sostenibilità, legata al territorio e alla mobilità. “Ora dobbiamo capire come questi nuovi aspetti impatteranno sull’azienda e agire di conseguenza per creare un welfare a misura di dipendente”, conclude Spreafico.

Tuttowelfare.info
Di Francesca Albergo e Elisa Marasca